martedì 20 agosto 2013

Viva la Cioccolata!!


La parola è di origine incerta, secondo la tesi più accreditata deriverebbe da "chocolatl ("chocol" di radice maya che significa caldo e "atl" di radice azteca che significa acqua.
Presso i popoli precolombiani questa bevanda era destinata alle élite, consumata eccezionalmente dal popolo in occasioni di battesimi o matrimoni. Berne una tazza rappresentava simbolo di ricchezza. Diaz de Castillo, al seguito di Cortés, nel testo la Conquista del Messico segnala che l'imperatore Montezuma II durante il pasto reale beveva più di cinquanta tazze della scura mistura. 
Per i Maya la cioccolata doveva essere calda, in contrasto con la versione azteca fredda. Non esisteva una bevanda al cacao ma molte varianti quasi tutte amare, preparate mischiando con forza ingredienti diversi. Per addensarla si aggiungeva mais, per aromatizzarla si usava fiori di magnolia o pepe. Una delle ricette più semplici era quella fatta con i semi di cacao macinati e polverizzati, cotti nell’acqua aggiungendo peperoncino. Caratteristica di tutte le versioni era la schiuma ottenuta mediante travasi ripetuti da un recipiente ad un altro.
Quando la bevanda arrivò alla corte di Spagna non riscosse alcun successo per il suo gusto amarognolo piccante. Poi alla fine del XVI secolo, sembrerebbe grazie ai monaci speziali spagnoli, la ricetta venne perfezionata togliendo pepe o peperoncino e aggiungendo zucchero, vaniglia o cannella.
La versione "ingentilita" della cioccolata diventò di moda, e attorno al 1615 Anna infanta di Spagna, sposa di Luigi XIII, la introdusse in Francia.
Per tutto il XVII sec. detrattori ed estimatori della bevanda si dettero battaglia. Quelli contro la ritenevano dannosa alla salute perché risvegliava ira, agitazione e lussuria.
Quelli a favore, come gli alti prelati che l'assumevano nei giorni di digiuno, affermavano trattarsi di un farmaco ricostituente, antidepressivo, capace di rendere vigili e favorire gli sforzi.
La cioccolata in Italia
A fine '500 il cacao venne probabilmente importato anche nel nostro paese. Sembrerebbero due le direttrici: il Piemonte, dove Caterina figlia di Filippo II di Spagna sposò nel 1585 Carlo Emanuele I duca di Savoia; la Sicilia dove regnava la corte spagnola.
Nel Seicento il cacao arrivò anche in Toscana per merito del mercante fiorentino Francesco d'Antonio Carletti. Già nel 1606 la cioccolata veniva prodotta a Firenze, Venezia e Torino.
Non mancano riferimenti sulla bevanda in molti testi letterari e storici. Francesco Redi - scienziato, poeta e medico alla corte di Cosimo III de' Medici, autore di un ditirambo dal titolo Bacco in Toscana (1666) - cita il "cioccolatte" attribuendosi il merito di averne diffuso l'uso con l'aromatizzazione al gelsomino.
Durante il '700 la cioccolata si affermò diffusamente presso le classi borghesi. A Venezia le botteghe del caffé erano anche "botteghe della cioccolata" dove si potevano degustare molte versioni della ricetta, anche se di consistenza farinosa e dal retrogusto oleoso.
Secondo la testimonianza di Ippolito Cavalcanti alla fine dei pranzi ufficiali napoletani si usava servire la bevanda cibo degli dei.
Fu questo il periodo d'oro della dolce pozione, alla quale vennero dedicati numerosi trattati, come "La manovra della cioccolata e del caffé" di Vincenzo Corrado.
Durante l'800, esattamente nel 1828, l'olandese Van Houten aprì una nuova frontiera nel settore del cioccolato, brevettando il metodo per separare efficacemente dai semi del cacao la polvere e il burro. Questo sistema portò alla nascita del moderno cioccolato industriale che fece esplodere il consumo di cacao sotto forma di cioccolatini e altre dolcezze solide. La moda della bevanda venne così relegata in secondo piano, superata anche dall'affermarsi del più borghese caffé. 
Fra i tanti personaggi celebri che hanno avuto la passione per la cioccolata segnaliamo de Pompadour, Mozart, Manzoni, Mazzini, D'Annunzio e Dalì. 

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